Storia e Ricerche
Sito Web di Vincenzo Naymo
Un mestiere indifeso (12.04.2010)
Vicende distanti nel tempo e da questo nostro spazio telematico mi fanno spesso
riflettere intorno al ruolo sociale della professione che svolgo ancora con un
certo entusiasmo, nonostante i tempi siano fra i più infelici e i più duri per
quanti pensano che la conoscenza del passato ancora oggi abbia una qualche
utilità e un qualche significato.
La figura dello storico è sempre meno presente nella società contemporanea.
Quest'ultima conferisce importanza e valore soltanto al presente. Ciò che è
passato non serve e di conseguenza la conoscenza di ciò che è stato non ha
alcuna utilità per la società. La tendenza è questa e si riscontra anche nel
mondo della scuola e dell'università attraverso la riduzione delle ore di
lezione nella prima e dei finanziamenti per la ricerca nella seconda.
Indubbiamente gli storici pagano il prezzo di vivere in una società che, nel
culto del formale e nel vortice dei consumi, tende deliberatamente a far perdere
ai suoi membri qualsiasi riferimento temporale, qualsiasi vissuto, qualsiasi
coscienza storica; quest'ultima, è nemica di qualsiasi mistificazione e, un
tempo, è stata maestra di vita. Oggi, nel momento in cui molti si illudono di
avere imparato a vivere, la storia è diventata inutile, insieme a coloro che la
coltivano.
Ma l'attacco agli storici non si attua esclusivamente su questo piano, che può
essere considerato diretto, frontale, ma, più subdolamente, si svolge attraverso
armi sottili e per questo più insidiose. Sono decenni, infatti, che la storia
non è più esclusiva competenza degli storici, ma è diventata "il mestiere" per
altre categorie di persone che ne svolgono un altro: giornalisti prima di tutto,
ma anche medici, avvocati e tanti altri professionisti e non, si improvvisano
impunemente storici con una disinvoltura e talvolta con un successo senza
precedenti.
Ho scritto altre volte, anche provocatoriamente, che se uno storico si mettesse
a fare l'avvocato, il medico o il notaio senza averne la qualifica sarebbe
presto tratto in arresto e duramente condannato. Quando invece avviene il
contrario tutto è lecito. Fermo restando che anche fra gli appassionati possano
ritrovarsi persone meritevoli negli studi storici e che nessuno intende
discriminare costoro, questo stato di cose dimostra quanto scarsa attenzione e
quanto poco protetta sia la ricerca storica nel nostro Paese; dimostra, infine,
quanto limitate siano le difese degli storici di professione, cioè di coloro che
si dedicano alla ricerca attraverso uno specifico
cursus studiorum e dopo il conseguimento
di appositi titoli di studio.
È il segno dei tempi!
Ma gli storici non sono esclusivamente vittime di tutto ciò. Molti di loro non
soltanto sono stati fra gli artefici di questo tipo di società (che li sta
defenestrando per sempre), ma anche risultano incapaci di mettersi in
discussione, di dare risposte credibili e alternative ai numerosi problemi di
carattere storiografico che hanno ricadute sul presente. Questi studiosi non
sono in grado di arginare la concorrenza dei dilettanti che, spesso, si
sostituiscono a loro non tanto per i propri meriti quanto per l'incapacità degli
storici di risultare credibili, attendibili, competitivi ancorati come sono a
vecchi cliché oramai datati e perdenti.
In questo clima, frutto di questo humus, anche gli storici bravi e
metodologicamente attrezzati rischiano di perire per sempre, a meno che la
categoria, se esiste ancora, non sappia darsi una mossa attraverso una
inversione di rotta.
Forse è troppo tardi, la società contemporanea che fagocita tutto, probabilmente
ci ha già divorati e digeriti e adesso, ignari, siamo dentro la sua pancia.
Chissà se sapremo fuoriuscire dall'orifizio giusto, come hanno fatto Pinocchio e
Geppetto dalle viscere della balena, o se, inesorabilmente, finiremo fra i
rifiuti, espulsi dall'altra porta.
Non so dar una risposta né, per ora, proporre terapie. Credo ancora, tuttavia,
che chi indaga il passato e lo divulga con onestà, possa trovare ancora un ruolo
in questo mondo alla deriva.
© 2008-2010 Vincenzo Naymo